Regola del 3% e fiscal compact: ecco come siamo arrivati all’austerità che sta strangolando l’Europa

Dopo sei anni di profonda crisi economica, prosegue in Europa il braccio di ferro tra i fervidi sostenitori dell’austerità e coloro che vorrebbero allentare le maglie dei vincoli di bilancio. Ma come siamo arrivati a questo punto? chi ha imposto l’austerità e il pareggio di bilancio che si sono rivelati il cappio al collo di milioni di cittadini in tutta Europa?

Ecco tutte le tappe che hanno trasformato l’austerità in regola d’oro dell’Unione e rovina degli italiani.

Il 3% tra deficit/Pil

La regola del 3% nasce nel 1981. Non da una schiera di economisti che hanno studiato a fondo i debito, deficit e Pil dei paese, ma da un semplice funzionario del governo di François Mitterand. Il “padre” della tanto osannata regola del 3% era a quei tempi poco più che trentenne.

La trasmissione della Rai Presa Diretta è andata ad intervistare Guy Abeille l’ideatore della regola a cui l’Europa si è impiccata negli anni della crisi economica. L’ormai pensionato francese racconta che arrivò nel suo studio una telefonata dall’Eliseo perché il neo presidente Mitterand voleva una regola per evitare le troppe spese pubbliche. Non voleva una teoria economica, ma una regola semplice, ad uso interno.

“Prendemmo in considerazione – racconta Abeille – i 100 miliardi del deficit pubblico di allora. Corrispondevano al 2,6 % del Pil. Ci siamo detti: un 1% di deficit sarebbe troppo difficile e irraggiungibile. Il 2% metterebbe il governo sotto troppa pressione. Siamo così arrivati al 3%. Nasceva dalle circostanze, senza un’analisi teorica”. Lo stesso Guy Abeille ammette che non ci sono regole economiche alla base del rapporto deficit/Pil al 3%, ma una semplice proporzione del tutto arbitraria: “Abbiamo stabilito la cifra del 3 per cento in meno di un’ora. È nata su un tavolo, senza alcuna riflessione teorica. Mitterrand aveva bisogno di una regola facile da opporre ai ministri che si presentavano nel suo ufficio a chiedere denaro. Avevamo bisogno di qualcosa di semplice. Tre per cento? È un buon numero, un numero storico che fa pensare alla trinità”.

Trattato di Maastricht e pareggio di bilancio

11 anni dopo l’invenzione della regola del 3%, a Maastricht dodici capi di Stato europei si sono riuniti per fissare i parametri economici utili all’ingresso degli Stati nell’Unione monetaria. In quell’occasione Trichet disse che in Francia da più di 10 anni si stava usando la regola del 3%. E così una formula del tutto arbitraria decisa in meno di un’ora da un funzionario trentenne è diventata il cappio al collo dell’Unione Europea.

Il 7 febbraio del 1992 si gettano le basi dell’unione monetaria mettendo nero su bianco i parametri che gli Stati avrebbero dovuto rispettare, tra questi la regola del 3%. Ma l’Italia non contenta della firma del Trattato ha voluto fare di più. Nell’aprile del 2012, con Monti presidente del Consiglio, il parlamento italiano ha approvato con soli 11 voti contrari il pareggio di bilancio. Con una modifica lampo della Costituzione, preceduta da una discussione superficiale, il deficit zero è entrato nella nostra Carta costituzionale.

Subito dopo alcuni premi Nobel e professori di economia hanno formulato un manifesto contro l’austerità, sostenendo che l’iscrizione del pareggio di bilancio in Costituzione fosse un vero e proprio “crimine economico contro le future generazioni”. E quello che oggi fa più sorridere è che gli stessi parlamentari che a quei tempi sostennero con forza ed entusiasmo il pareggio di bilancio in Costituzione, adesso alzano le barricate contro l’austerità europea. Come se il cappio al collo agli italiani l’avesse messo qualcun altro.

Fiscal compact

Nel marzo del 2012 Mario Monti insieme ad altri 24 capi di Stato europei, firma il Fiscal Compact. Da segnalare che Gran Bretagna, Croazia e Repubblica cieca di rifiutarono.

Ma in cosa consiste il Fiscal compact? Si tratta in pratica di vincoli ancora più rigidi. Ci obbliga a tagliare il deficit strutturale in nome del famoso pareggio di bilancio e di ridurre ogni anno l’enorme debito pubblico. Secondo le nuove norme, in 20 anni l’Italia deve arrivare ad un rapporto debito/Pil del 60%, una percentuale a cui nemmeno la virtuosa Germania si avvicina. Figuriamoci l’Italia che vanta un debito pubblico di oltre 2mila miliardi di euro, pari al 133% del Pil.

Fondamentalismo di bilancio

In Europa, si potrebbe dire, si è diffuso un fondamentalismo di bilancio, una dottrina cieca dell’austerità. Il professore di economia politica Andrea Boitani, in un articolo pubblicato su Lavoce.info, afferma che l’Italia, intrappolata nelle regole europee, non può fare altro che applicare politiche economiche recessive. Il fondamentalismo di bilancio europeo spinge gli Stati a fare politiche fiscali austere, ridurre la spesa pubblica tagliando gli sprechi, ma anche i finanziamenti in ricerca e sviluppo ed aumentare le imposte. Per paesi come l’Italia, ma non solo, queste politiche incrementano la recessione che è già in atto e aumentano ulteriormente la disoccupazione.

In pratica le regole economiche su cui è nata l’Unione monetaria europea rappresentano il contrario di ciò che andrebbe fatto in periodi di crisi e recessione. E proprio per questo motivo, politici di ogni schieramento, economisti, professori e sindacati stanno raccogliendo le firme per proporre un referendum contro il fiscal compact e l’austerità ottusa dell’Europa.

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