Germania, la nazione con la memoria corta: ecco come l’Europa cancellò il suo debito

Secondo la teoria greca dei corsi e ricorsi storici, essendo la natura umana immutabile, ogni evento storico è destinato a ripetersi nelle sue linee essenziali. E così parafrasando la teoria dei cicli storici possiamo dire che la crisi del debito che attanaglia oggi l’Europa ha, almeno nelle sue linee essenziali, una certa somiglianza con la questione del debito post-bellico, con la crisi degli anni ’80-’90 in America latina e Africa, con quella dell’Estremo Oriente e con la situazione di Russia e Argentina nei primi anni 2000.

Le differenze profonde però, stanno nel modo in cui la classe politica delle varie epoche ha deciso di arginare e affrontare il problema. Può sembrare un discorso anacronistico essendo passati così tanti anni, ma è interessante notare come la gestione “illuminata” di crisi passate, si scontri con la rigidità della gestione odierna.

Londra 1953

Il 27 febbraio 1953, la Repubblica Federale di Germania seduta ad un tavolo con Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia negoziò la riduzione del suo debito. Quella che all’epoca era la Germania ovest negli anni tra il 1919 e il 1945 aveva accumulato un ingente debito. Una parte era legata ai prestiti contratti dalla Germania, prima della salita al potere di Hitler, per ripagare i danni di guerra imposti nel 1919 con il Trattato di Versailles, l’altra parte derivava dalle spese della seconda guerra mondiale e della ricostruzione post-bellica.

La delegazione tedesca a Londra riuscì a farsi accordare dagli altri Paesi la riduzione del debito tedesco. Il Trattato di Londra, conosciuto anche come accordo sul debito esterno tedesco, di fatto cancellò alla Germania la metà del suo debito: 15 miliardi su un totale di circa 30 miliardi.

La firma a Londra dell’accordo sul debito tedesco ebbe come ragion d’essere l’obiettivo principale di riportare la pace nel mondo e ristabilire un certo equilibrio economico da contrapporre all’avanzata del comunismo. Dopo la cancellazione del debito, la Germania visse una stagione fiorente, la ricostruzione del paese distrutto dalla guerra diede vita ad un miracolo economico che, negli anni, ha trasformato la Germania nella “locomotiva” che tutti conosciamo.

Europa 2015

Ad oggi il paese che maggiormente avrebbe bisogno di una riduzione del debito è certamente la Grecia. Le politiche di austerità chieste dalla Troika, all’indomani del rischio default del 2009, non hanno fatto altro che mettere in ginocchio il paese. Alcuni dati molto esplicativi: il debito greco è cresciuto dal 133% del Pil del 2009 al 174% del 2014. La disoccupazione non accenna a scendere; nel 2014 ha superato quota 25% e oltre il 50% per quanto riguarda i giovani. Il salario minimo del paese è stato tagliato, negli anni dell’austerità, del 25% e ad oggi oltre il 20% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Ma al momento tutte le richieste di riduzione del debito arrivate ai vertici europei dal nuovo premier Tsipras hanno incontrato il netto rifiuto dei suoi creditori, Germania in primis.

Una gestione illuminata

Non soltanto il taglio del 50% del debito, ma anche altre favorevoli condizioni hanno permesso una gestione illuminata e quindi profittevole della crisi del debito del 1953. Tra le clausole del rimborso del debito tedesco, ce ne sono due che hanno permesso alla Germania di rimettersi in piedi e porsi alla guida economica dell’Europa intera.

La Germania infatti, chiese e ottenne che il rimborso del proprio debito fosse strettamente legato alla bilancia commerciale del Paese. In sostanza la Germania ripagò il debito con il proprio surplus commerciale, ovvero i guadagni ottenuti delle esportazioni. Nel caso in cui il Paese avesse registrato un deficit commerciale, il governo non avrebbe ripagato il debito. Tale clausola aveva lo scopo di evitare che la Germani fosse costretta, in caso di deficit, a ricorrere a nuovi prestiti per pagare il debito.

Porre questa condizione fu una mossa molto intelligente. I paesi creditori sapevano che il rimborso dei loro prestiti era strettamente legato all’esportazioni della Germania e per questo motivo erano invogliati ad importare prodotti tedeschi. Questa operazione fu possibile grazie alla svalutazione del marco rispetto alle altre monete europee. In pratica, il marco debole favorì le esportazioni della Germania che poté così ripagare il proprio debito verso gli altri Paesi. Il forte incremento dell’export tedesco fece accumulare al Paese un forte surplus commerciale che permise il rimborso del debito in tempi brevi.

Attualmente il surplus commerciale della Germania continua ad essere ingente, secondo le previsioni anche nel 2015 l’eccedenza commerciale sarà circa del 5,8% del Pil. Ma il surplus tedesco significa che altri paesi sono in deficit. Negli ultimi anni infatti, l’eccedenza tedesca ha contribuito ad aumentare il debito dei paesi più deboli tra cui Grecia, Spagna e Irlanda. Insomma quel meccanismo virtuoso che ha permesso alla Germania di far crescere l’export e pagare il proprio debito, non viene assolutamente applicato ai Paesi attualmente in crisi.

Infine c’è da segnalare un’altra peculiarità del Trattato di Londra. Se la Germania, per impotenza o mancata volontà, non avesse potuto ripagare il proprio debito con l’Europa ci sarebbero stati nuovi negoziati tra gli Stati con una supervisione esterna. Anche questa clausola non venne mai applicata, ma fa sorridere la diversità della gestione degli accordi tra quegli anni e l’attualità. Ad oggi la Troika, ovvero Fmi, Bce e Commissione hanno in mano le sorti dei paesi indebitati e possono imporre loro, per l’erogazione di aiuti, le assurde politiche di austerità che stanno strangolando l’Europa. 

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