Ieri è stata una giornata storica per i rapporti fiscali tra Italia e Svizzera. Il ministro delle finanze italiano Padoan e il capo del dipartimento delle finanze elvetiche hanno decretato la fine del segreto bancario. Finalmente le pressioni di Ocse e dell’Unione Europea hanno dato i loro frutti e condotto i due paesi a sottoscrivere l’accordo per lo scambio di informazioni fiscali.
La prossima tappa del protocollo che modifica la vecchia Convenzione del marzo 1976 sarà la sua ratifica da parte dei parlamenti di Italia e Svizzera. L’obiettivo dell’accordo, fortemente promosso dall’Ocse, è di rafforzare la collaborazione tra Roma e Berna per combattere l’evasione fiscale. I soldi portati all’estero, in posti che fino ad ieri erano considerati paradisi fiscali, sono nella maggior parte dei casi frutto di riciclaggio o autoriciclaggio, corruzione ed evasione fiscale.
La prossima tappa è fissata per il 2018. Anno a partire del quale entrerà in vigore lo scambio automatico di informazioni fiscali tra Svizzera e Italia con riferimento all’anno 2017. Da quel momento alcune tipologie di conti correnti come quelli di deposito, di custodia o contratti di assicurazione saranno oggetto di comunicazione automatica tra il Fisco dei due paesi.
E gli evasori?
La firma dell’accordo per lo scambio di informazioni tra Italia e Svizzera non è stata una bella notizia per tutti gli italiani abituati a portare soldi non dichiarati all’estero per evadere o eludere il fisco.
Una volta approvato il protocollo da parte del parlamento infatti, l’agenzia delle entrate potrà chiedere alla Svizzera informazioni sui conti correnti in essere a decorrere dal giorno della firma dell’accordo, quindi da ieri. Il Protocollo inoltre, secondo le stime del governo e Banca d’Italia, agirà come stimolo per la regolarizzazione spontanea dei soldi detenuti illegalmente in banche svizzere.
La firma dell’accordo con Berna e la prospettiva dello scambio automatico delle informazioni rappresenta un bel grattacapo per gli evasori con conti in Svizzera. Da ieri infatti, le probabilità che il Fisco italiano scopra i capitali detenuti illegalmente all’estero dai suoi contribuenti sono davvero concrete. Ma c’è una via d’uscita. Chi possiede un conto all’estero ha la possibilità di aderire, entro settembre 2015, alla voluntary disclosure, un’autodenuncia introdotta dal governo nel tentativo di riportare i capitali in Italia.
Altra possibilità per chi detiene capitali all’estero è il loro spostamento verso un altro paradiso fiscale. Ma la pressione dell’Unione Europa e dell’Ocse per la stipula di accordi per lo scambio di informazioni fiscali sta restringendo sempre più il cerchio dei paradisi. Come anticipato dal Ministro Padoan i prossimi paesi con cui l’Italia farà accordi fiscali saranno Montecarlo, Liechtenstein e Lussemburgo.
Voluntary disclosure
La normativa sulla voluntary disclosure permette ai contribuenti italiani di regolarizzare i capitali detenuti illegalmente all’estero. La possibilità è valida fino a settembre 2015 e riguarda le violazioni fiscali commesse entro il 30 settembre 2014.
I contribuenti che decidono di autodenunciarsi al fisco potranno godere di sanzioni e penalità ridotte per le dichiarazioni dei redditi infedeli presentate tra il 2004 e il 2013. Imposte ed interessi invece, sono dovute per intero al Fisco italiano. Se i capitali sono detenuti all’estero da più di 8 anni, quindi sono già prescritti, il costo del rimpatrio è più conveniente. Chi decide di aderire alla voluntary disclosure infine, perderà l’anonimato e non è escluso che l’agenzia delle entrate svolga ulteriori accertamenti.