Articolo scritto per Business Insider Italia –
Da fenomeno accolto a braccia aperte a gatta da pelare. Gli affitti turistici nelle città d’arte sono diventati una grananon solo per il Governo, che ha cercato di intervenire con la discussa “tassa Airbnb”, ma soprattutto per la politica locale alle prese con un’invasione turistica incontrollata e non abbastanza remunerativa.
Quinta potenza mondiale per l’industria turistica, il Belpaese ha sempre considerato il settore la punta di diamante dell’economia. Ma oggi i segnali di nervosismo nei confronti dell’invasione turistica e del visitatore “mordi e fuggi”sono sempre più forti. Nelle città d’arte assistiamo ad un vero e proprio esodo dei residenti fuori dal centro storico ormai preda di bus turistici, orde di viaggiatori, di stanze in affitto per pochi notti, di fast-food e negozi di souvenir dozzinali.
Il tema della sostenibilità dei flussi, in termini di saturazione, ma anche economici (con il problema del sommerso) è balzato in cima alla lista delle priorità. Tanto che alcuni sindaci hanno ipotizzato il “numero chiuso” come se il centro storico di città come Venezia e Firenze fosse a tutti gli effetti un museo a cielo aperto e non più il cuore pulsante di una città animata dai suoi residenti.
Nei giorni scorsi, una riunione tecnica tra le principali città d’arte – Roma, Milano, Venezia, Napoli e Firenze – e il direttore del Mibact, Francesco Palumbo, ha affrontato il problema facendo alcune proposte. Tra cui l’utilizzo di nuove tecnologie in grado di avvisare i turisti sul tempo di attesa per i musei più famosi e di indirizzarli in luoghi meno affollati. Firenze e Venezia si sono offerte per sperimentarequesta soluzione ed è stato deciso di organizzare nel capoluogo toscano una chiamata a raccolta di sviluppatori di software, programmatori e grafici per dare corpo all’iniziativa. Il tavolo si riaggiornerà a breve con l’obiettivo, entro la fine dell’anno, di dare gambe ad alcune idee.
Scarseggiano invece le soluzioni per gestire il boom degli affitti turistici, il fenomeno che sta cambiando il volto dei centri abitati e stravolgendo il mercato dell’ospitalità. Se per i proprietari può essere una miniera d’oro – soggiorni brevi, ma guadagni facili, pochi vincoli legali e possibilità di fare omissioni sul fronte fiscale – per le amministrazioni, invece, sono un bel grattacapo.
Per placare le critiche il Governo ha introdotto la “Tassa Airbnb”, una cedolare secca del 21% per gli affitti sotto i 30 giorni. La legge obbliga le piattaforme online a raccogliere le tasse e girarle al Fisco: peccato che all’entrata in vigore della normativa (il 16 ottobre) uno dei principali portali, Airbnb, abbia detto che non rispetterà l’obbligo e che proseguirà la battaglia legale.
A livello locale le città più interessate dal fenomeno vogliono fare cassa con la tassa di soggiorno e cercano una mediazione con i portali, muovendosi in ordine sparso.
Firenze (e Venezia)
Tra queste c’è Firenze: in questo momento nel capoluogo ci sono 9.226 annunci su Airbnb (dati Airdna) di cui il 74% per l’affitto di un’intera casa.

- Gli annunci attivi a Firenze il 6 novembre 2017. AirDna
Il sindaco Dario Nardella ha annunciato l’aumento della tassa di soggiorno (che oggi vale 33 milioni) da gennaio 2018: 50 centesimi in più a notte per gli alberghi fino a 3 stelle; 30 centesimi per i 4 stelle; 1,50 euro per case vacanza e affitti turistici; nessun rialzo per i 5 stelle. Ma ancora non è stato raggiunto il tanto atteso accordo con Airbnb che dovrebbe farsi carico di riscuotere la tassa alla fonte e versarla al Comune.
Insieme al sindaco di Venezia, Nardella ha chiesto al Mibact la possibilità di alzare ancora l’asticella fino al tetto massimo consentito solo a Roma (7 euro al giorno). Le due città infatti condividono il problema di una pressione turistica che nei fine settimana diventa quasi insostenibile. E’ dei giorni scorsi la delibera del Comune veneto che dal gennaio 2018 aumenta la tassa di soggiorno per gli affitti turistici che andrà dai 2 ai 5 euro al giorno, per un incasso aggiuntivo di circa un milione (su quasi 40).
Milano
Diversa la linea del Comune di Milano che ha esigenze opposte: attrarre turisti nel fine settimana. Mentre Firenze e Venezia chiedono l’equiparazione a Roma, il sindaco Beppe Sala frena e spiega che l’ipotesi aumento non è sul tavolo, sia per il pericolo di penalizzare il settore, ma anche perché Milano sta per chiudere l’accordo con Airbnb che svolgerà il ruolo di sostituto d’imposta versando nelle casse del Comune tra i 2,5 e i 3 milioni (sul totale di circa 40). Per il momento soltanto Bologna e Genova sono riuscite a firmare l’intesa con il portale online creando precedenti che altri tentano di replicare.
Roma
Ad oggi però la mancanza di una gestione uniforme a livello nazionale obbliga le città a procedere in ordine sparso. Così a Roma dove già vige l’importo massimo per la tassa di soggiorno, il sindaco Virginia Raggi cerca di tamponare il degrado e aumentare le entrate con una serie di ordinanze(peraltro scadute lo scorso 31 ottobre e non ancora rinnovate): quella anti-bivacco sulle fontane, anti-centurioni e il piano pullman con la stangata per gli ingressi nelle ztl.
Napoli
I bus turistici sono una grana anche per Napoli che ipotizza tasse di accesso al centro storico per fare cassa e bilanciare, almeno in parte, i disagi. Anche qui gli affitti turistici sono vicini alla saturazione. In questi giorni sonoattive su Airbnb oltre 5.200 offerte per case e stanze a fronte dei circa 11mila posti letto offerti dalle strutture tradizionali. Il sindaco Luigi de Magistris, la scorsa primavera, ha già ritoccato al rialzo la tassa di soggiorno (che va da 1,5 a 5 euro a notte) e ora si accoda alla richiesta di Firenze e Venezia che vogliono equipararsi a Roma.
E’ chiaro che in Italia l’avanzata del turismo di massa e della sharing economy è stata sottovalutata a tal punto da aver preso il controllo delle città d’arte che ora si interrogano su come gestire i flussi e arginare il malessere. Pianificare una strategia comune per la sostenibilità potrebbe essere un punto di partenza.