Non chiamatela bad bank. Le estenuanti trattative degli ultimi mesi tra Roma e Bruxelles e la maratona finale durata 5 ore, è proprio il caso di dirlo, hanno partorito un topolino: il GACS.
Di fronte ai veti della commissaria per la concorrenza, la bad bank di sistema italiana che avrebbe dovuto alleggerire tutte le banche italiane dalla montagna di sofferenze, nel corso del negoziato, è prima stata declassata a tante piccole bad bank create all’occorrenza e poi ad un meccanismo di “garanzia pubblica di cartolarizzazione delle sofferenze bancarie” (GACS appunto) che poco o niente ha a che fare con il progetto iniziale.
Alla fine del colloquio con la Vestager, Padoan ha annunciato che Roma e Bruxelles hanno trovato un accordo sul delicato tema della sofferenze bancarie. Ma la realtà è che le necessità italiane si sono inevitabilmente scontrate con i veti europei e alla fine, per la fretta di chiudere (imposta dal precipitare della situazione), Padoan ha dovuto abbassare la testa. L’accordo è un successo per la Commissione, che non ha dovuto fare concessioni all’Italia, e per il mercato vero deus ex machina di tutta l’operazione.
Il meccanismo deciso e spiegato in burocratese e tecnicismi da un comunicato del MEF (quello sul prezzo è ancora peggio) è in effetti molto complesso e difficile da semplificare. Ma ci proviamo comunque. Alla base c’è il processo di cartolarizzazione ovvero una magia finanziaria che permette a titoli illiquidi come per esempio una polizza assicurativa di diventare qualcosa di liquido, vendibile e negoziabile che si finanza grazie alle entrate che provengono dall’attività sottostante.
Questo può valere anche per la sofferenze bancarie. In pratica, in questo caso, viene creata una società veicolo (SPV) che emette delle obbligazioni sul mercato. Con l’incasso va dalla banca e compra un pacchetto di crediti in sofferenza. Il rimborso delle obbligazioni (cioè lo strumento negoziabile) è garantito dal recupero dei crediti legati alle sofferenze. Man a mano che la società veicolo recupera i soldi dei crediti incagliati andrà a rimborsare le obbligazioni (paga interessi e capitale). In parole povere: con le obbligazioni compro i crediti delle banche e con il recupero dei crediti stessi ripago le obbligazioni che ho emesso per acquistarli.
Queste obbligazioni si chiamano Asset backed securities (per i sadici delle sigle, ABS), cioè “garantiti dagli asset” in questo caso dai crediti venduti dalle banche alle società veicolo. Gli ABS non sono venduti come unico pacco regalo, ma vengono messi sul mercato spacchettati, (il termine tecnico sarebbe tranching) cioè divisi in base al loro livello di rating, grado di rischio e rendimento. Gli ABS, quindi, si suddividono in tre tipologie di tranche:
- la senior, caratterizzata dal massimo livello di rating e dalla priorità più elevata nel pagamento dei flussi di cassa; la prima ad essere rimborsata e l’ultima a rimetterci in caso di perdite;
- la tranche mezzanine, caratterizzata da un livello di subordinazione intermedio;
- la tranche junior, detta anche tranche equity, la più subordinata: è la prima classe a essere intaccata dalle perdite e l’ultima a essere rimborsata.
La società-veicolo acquista i crediti tramite le obbligazioni e le ripaga in ordine di “importanza” in base a quanti crediti deteriorati riuscirà a recuperare dei debitori della banca. Mettiamo un pacchetto di 100mila euro di crediti deteriorati provenienti da prestiti non pagati e mettiamo che la società veicolo riesca a recuperare soltanto una parte, tipo il 50% di questi crediti: i soldi recuperati andranno subito a ripagare le tranche di ABS senior e parte della mezzanina mentre sulle junior ricadranno le perdite.
Ed è qui che interviene la garanzia statale, utile per invogliare gli investitori ad acquistare queste obbligazioni anche in presenza del rischio che non vengano rimborsate. E qui sta l’inghippo. Permettere allo Stato di garantire gli ABS junior ovvero quelli più a rischio serebbe stato contro le regole europee perchè da considerarsi aiuto di Stato. Così Bruxelles ha imposto al Ministro Padoan che la garanzia del Tesoro sia circoscritta agli ABS senior, cioè quelli che vengono rimborsati per primi e a patto che ottengano il rating investment grade, cioè non siano spazzatura.
È come essere su una barchetta che affonda, avere un unico salvagente e tre persone in mare: lo Stato lancia il salvagente al campione olimpico di nuoto anzichè alle due persone che non sanno nuotare. Fuor di metafora. Con questo meccasimo lo Stato, per non scontrarsi con Bruxelles, garantisce gli ABS che non hanno bisogno di essere garantiti, che si salverebbero anche da soli. Mentre nelle tranche dove si nascondono i maggiori rischi di perdita per le banche o per gli investitori, e dove si concentra la questione del prezzo di vendita, il Ministero dell’Economia non entra.
La banca inoltre paga la garanzia statale attraverso una commissione annuale crescente per incentivare gli operatori a recuperare i crediti nel minor tempo possibile, possibilmente entro i 3 anni. Per questo, il Tesoro scrive che “l’intervento non genererà oneri per il bilancio dello Stato. Al contrario, si prevede che le commissioni incassate siano superiori ai costi e che vi sia pertanto un’entrata netta positiva”. In pratica lo Stato non fa alcun regalo alle banche, nessun aiuto pubblico, anzi: la garanzia costa, anche cara e serve a poco.
In sostanza, la garanzia statale sarà piccola e legata agli strumenti più sicuri. Il GACS aiuterà i più forti, le banche con crediti incagliati che potrebbero essere recuperati anche da soli e non aiuterà i più deboli, le banche maggiormente in difficoltà, sommerse dalle sofferenze di cui non riescono a liberarsi. Risultato? Il meccanismo non risolverà i veri problemi del sistema bancario, alcune banche ne trarranno giovamento, mentre altre dovranno comunque fare quegli aumenti di capitale che, con la bad bank di sistema, si sarebbero voluti evitare.
E questo non lo diciamo solo noi. Anche dal Financial Times arriva un giudizio molto tiepidosull’accordo Roma-Bruxelles: “Idealmente, l’Italia avrebbe creato un sistema molto più radicale, per acquistare direttamente i prestiti in sofferenza fuori dai bilanci delle banche – tipo il salvataggio bancario spagnolo del 2012, dicono gli analisti. Ma da allora, le norme UE sugli aiuti di Stato sono state inasprite in modo significativo, il che significa che Roma ha dovuto accontentarsi di una garanzia statale applicata a tranche senior di crediti in sofferenza, al prezzo di un “tasso di mercato”.
In sostanza, l’operazione non ricadrà sui conti pubblici, tenuti al sicuro dai paletti europei, ma d’altro canto il sostegno al sistema bancario, fortemente in difficoltà nel tentativo di alleggerirsi dalle sofferenze, sarà davvero scarso. Ecco l’ennesima vittoria italiana, di Pirro.